VIAGGIO NEL DNA DELLE ORGANIZZAZIONI Le mutazioni genetiche(r)
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Ma il
sistema risultante di tale meticoloso progetto di costruzione è un sistema
chiuso o un sistema aperto? Naturalmente
la prima risposta che ci viene in mente è quella di considerarlo un sistema
aperto in quanto ha bisogno almeno di rifornirsi dall’esterno dell’energia
di cui necessita per sopravvivere e per operare nell’ambiente. Ma aperto
fino a che punto? Uno studio
realizzato all’Università del Maryland ha dimostrato che la mutazione
genetica che conferisce all’uomo una resistenza naturale alla malaria è
uno spettacolare esempio di come le malattie infettive siano in grado di far riorganizzare
il genoma umano. La
scoperta, peraltro, potrebbe contribuire allo sviluppo di trattamenti efficaci o
di vaccini per proteggere la popolazione esposta al pericolo di contagio. Sarah
Tishkoff e i suoi collaboratori descrivono in un articolo apparso su “le
scienze” la storia delle mutazioni del gene G6PD, che conferisce
resistenza naturale alla malattia (la malaria) che è la prima causa di morte al
mondo, dimostrando che la sua evoluzione è legata all’evoluzione della
malattia stessa. “Studiando
come la natura affronti una malattia grave come la malaria – ha commentato la
ricercatrice – possiamo progettare trattamenti più efficaci contro le
malattie stesse. E metodi di analisi dello stesso genere potrebbero essere
applicati allo studio di altre malattie infettive, come per esempio la
tubercolosi o l’HIV”. La storia
dello sviluppo della malaria e della resistenza genetica al suo attacco non
coincidono, ha proseguito la Tishkoff, ma piuttosto mostrano il risultato di un
adattamento genetico a un invasore che potenzialmente rappresenta una minaccia
per la specie umana. “In
regioni dove la malaria ha una forte prevalenza, questi meccanismi genetici si
sono evoluti per resistere all’infezione. In tutte le regioni dove abbiamo
condotto i nostri studi, le mutazioni del gene G6PD che danno resistenza
alla malattia sembrano essersi sviluppate proprio nel momento in cui la malaria
diveniva prevalente.” Il gruppo
ha studiato la storia genetica di popolazioni che presentano il gene G6PD
mutato in regioni dell’Africa, del Medio Oriente e del Mediterraneo. Nelle
diverse aree sono state osservate diverse mutazioni, evolutesi in modo
indipendente rispetto alle altre regioni, in risposta all’infezione. Osservando
il numero di varianti che il gene G6PD ha evoluto nel tempo, la Tishkoff
e il suo collaboratore Andrew Clark, professore di biologia alla Pennsylvania
State University, hanno potuto determinare l’età approssimativa delle
mutazioni. Una
mutazione scoperta in Africa potrebbe essere avvenuta tra circa 4000 e 12.000
anni fa. E questa stima potrebbe essere consistente con la documentazione
storica e archeologica che mostra come la malaria abbia avuto un impatto
significativo sull’uomo solo a partire da circa 10.000 anni fa, ovvero con
l’inizio dell’agricoltura. Proprio
intorno a quell’epoca (tra 7000 e 12.000 anni fa), un drastico mutamento
climatico fece aumentare la temperatura e l’umidità in Africa, e si formarono
laghi e paludi. E nello stesso tempo l’avvento dell’agricoltura provocò una
deforestazione che lasciò spazio per altre pozze d’acqua. Due
eventi che favorirono il formarsi delle condizioni idonee alla proliferazione
della zanzara anofele, il vettore attraverso il quale si trasmette la malaria. Un’altra
variante del gene, trovata nell’area mediterranea, in Medio Oriente e in
India, ha un’origine più recente, in un periodo valutabile tra 1600 e 6600
anni fa, un’epoca in cui sono segnalate grandi epidemie della malattia in
Grecia e in Egitto. Secondo la Tishkoff, questa mutazione, diffusasi assai
rapidamente nella regione, potrebbe essere stata diffusa dalle migrazioni greche
nell’area, magari – ma è solo un’ipotesi – dall’esercito di
Alessandro Magno durante la sua conquista. Tutto ciò
rappresenta un eccellente esempio di come un Organismo Complesso quale è
l’Uomo si sia adattato all’ambiente attraverso la mutazione
genetica. L’ambiente
quindi e non solo la riproduzione sessuata può contribuire a stimolare
l’Organismo che provvede in qualche modo, per reazione, ad influenzare il
proprio DNA fino a provocare
una mutazione genetica che nel tempo si consolida in una nuovo tipo di organismo
maggiormente reattivo rispetto alla sollecitazione ambientale che ha provocato
tale cambiamento. Rispetto
al genoma l’ambiente o eventi casuali o l’azione di altri geni e dei loro
prodotti può provocare la creazione di un Organismo difforme da quello
descritto dal Genoma. Per tale
motivo si distingue fra il progetto genico (genotipo) o schema
dell’Organismo che dovrebbe essere costruito secondo lo schema ed il
programma (Pattern e Process) descritti nel Genoma e quello
che fisicamente è il risultato della costruzione che possono essere diversi (fenotipo). Succede la
stessa cosa anche negli insetti quando di generazione in generazione divengono
più resistenti agli insetticidi o nei virus che divengono indifferenti a certi
antibiotici attraverso la modificazione dell’RNA. E’
corretto dire che gli Organismi viventi più che aperti, sono proattivi,
o meglio comunicano e reagiscono con l’ambiente secondo la propria
convenienza o logiche automatiche di autoprotezione cablate all’origine nel
proprio DNA o generate da mutazioni dello stesso. Anche le Organizzazioni
seguono le stesse regole infatti le loro reti di comunicazione sono protette
tramite degli antivirus che si sviluppano, in termini difensivi, in modo
proporzionale ai meccanismi di offesa che sono in grado di mettere in campo i
virus sintetici presenti in rete. Queste
dimostrano di non essere affatto aperte in quanto non gradiscono che qualcuno
venga al corrente dei propri segreti industriali o dei propri dati controllo di
gestione. |
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