VIAGGIO NEL DNA DELLE ORGANIZZAZIONI

La fase di rilevazione(r)

 

 

 

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Requisiti del progetto.

 

In fig. CM 2 sono elencate le sottofasi componenti la fase di definizione dei requisiti di progetto.

 

Definire gli obiettivi di progetto.

Il Change Management Organizzativo è un intervento che incide profondamente su ogni aspetto dell’Organizzazione, per cui la sua traduzione in termini di obiettivi è un’operazione molto complessa e vasta. In ogni caso, l’introduzione della cultura del cambiamento deve essere tradotta in termini di value drivers, ovvero quei driver che se gestiti al meglio massimizzano il valore aggiunto dell’Organizzazione. L’obiettivo ultimo è essere i migliori attraverso la capacità di cambiare continuamente sé stessi e l’ambiente in cui si opera  per mantenere e accrescere il vantaggio competitivo.

La definizione degli obiettivi del processo passano per quattro leve: costo, qualità, tempo, livello di servizio.

Data la portata dell’intervento, gli obiettivi devono riguardare:

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l’ambiente: aumentare il grado di integrazione dell’Organizzazione con gli altri attori di mercato, stimolare l’atteggiamento proattivo nella formulazione delle strategie e degli obiettivi di business;

bullet

il business: riconfigurare il posizionamento sul mercato, identificare nuovi canali, introdurre un approccio dinamico verso il business; focalizzare l’attenzione sul cliente (migliorare l’indice di Customer Satisfaction);

bullet

i processi: snellire le attività (riducendo il numero dei passaggi di mano), ridurre il numero di processi, migliorare i parametri  di efficacia e di efficienza, aumentare il livello di integrazione dei processi collegati, rendere i processi flessibili al cambiamento capacità di smaltire in tempo reale i carichi di lavoro, controllo del volume lavoro arretrato, ottimizzazione dell’uso delle risorse aziendali, riduzione del tempo di attesa di un cliente prima di ricevere il servizio (coda di attesa) e del tempo di servizio percepito dal cliente durante l’uso di un processo (cioè tempo intercorrente dal momento in cui il cliente attiva il processo al momento in cui in cliente riceve il prodotto/servizio);

bullet

la Qualità: percentuale di rifiuto di una pratica, a causa di incompletezza dei dati richiesti o di errori di compilazione, numero di ricicli per correzioni, tempi lavorati, durate, costi o quanto altro definito dall’utente;

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le strutture organizzative: ridurre il numero di livelli gerarchici, aumentare il grado di empowerment, introdurre sistemi premianti e motivazionali coerenti con la nuova struttura, ottimizzare lo scambio di informazioni, costituire team di processo con adeguata autonomia, abbandonare una visione funzionale a favore di una visione orientata ai processi, migliorare gli indici di Job Rotation, Job Enrichment e Job Enlargement;

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la cultura e le variabili comportamentali: Cambiare la cultura verso l’accettazione del cambiamento come necessità continua, Costruire una nuova Vision che sia collante per il processo di cambiamento, adeguare la comunicazione  e lo stile di leadership, accrescere la capacità di negoziazione e l’attitudine al cambiamento, sviluppare il grado coinvolgimento e il problem solving in situazioni complesse;

bullet

il knowledge organizzativo: diffondere il knowledge, predisporre adeguati strumenti di supporto informatico ecc.;

bullet

le tecnologie: il grado di automazione delle operazioni.

Gli obiettivi devono essere tali da accrescere la capacità di creazione del valore per l'azienda e tali da definire una nuova configurazione organizzativa che sia in grado di autoalimentare il cambiamento, che diventa un fattore strutturale. Il presupposto di fondo è che migliorare significa creare un sistema aziendale dinamico in continua evoluzione.

Il Change Management Organizzativo non deve creare solo le strutture tangibili, ma deve insegnare alle aziende come si “impara ad imparare”, e quindi qual è la mentalità vincente per gestire da leader la complessità.

Definire il dominio d'intervento.

La definizione del dominio di intervento è il momento in cui viene identificato il problema organizzativo che deve essere risolto e si comincia a stabilire quali settori dell’Organizzazione saranno coinvolti dal processo riorganizzativi. Questa fase stabilisce dove indirizzare l’intervento, calibrandolo in base a precise variabili.

L’obiettivo deve essere la creazione di un sistema coerente tra i processi, le strutture organizzative, il sistema di gestione del Knowledge, gli orientamenti strategici e di business, le variabili ambientali e la cultura del cambiamento.

La definizione del dominio di intervento è generalmente stabilito dal capo progetto a seguito del contatto con il cliente e una volta noti gli obiettivi che devono essere realizzati. La logica è partire da dove si vuole arrivare e capire cosa muovere e come per il raggiungimento degli obiettivi.

Il team e il top management individuano il percorso ideale su cui indirizzare le leve del Change Management Organizzativo, sopra esemplificate, rispetto agli obiettivi fissati in precedenza. Si tratta di capire la profondità dell’intervento di Change Management Organizzativo sulla base di una duplice considerazione:

bullet

Il grado di elasticità rispetto al cambiamento dell’Organizzazione:  

un‘Organizzazione può essere estremamente rigida e burocratizzata, con propensione al cambiamento quasi nulla, oppure può presentare un grado di elasticità avanzato ma non ancora sufficiente a supportare la gestione strategica del cambiamento. Nei due casi è evidente che il grado di profondità dell’intervento sarà diverso perché nel primo caso si partirà da zero, nel secondo si procederà ad una non meno impegnativa evoluzione dell’assetto organizzativo partendo da uno stato avanzato;

 

bullet

La disponibilità dell’Organizzazione rispetto all’intervento:  

un’Organizzazione con propensione al cambiamento prossima allo zero può non essere disposta ad un intervento molto profondo, sia per ragioni strategiche (es. la presenza su un mercato stabile e prevedibile) o per ragioni di convenienza economica (migliorare la flessibilità organizzativa con basso impegno finanziario).

 

La combinazione di questi due elementi contribuisce a tracciare le direttrici del progetto che verranno approfondite e tradotte in termini operativi in sede di studio di fattibilità dell’intervento e di pianificazione delle fasi di lavoro.  

 Studio di fattibilità.

La disponibilità dell’Organizzazione rispetto all’intervento: un’Organizzazione con propensione al cambiamento prossima allo zero può non essere disposta ad un intervento molto profondo, sia per ragioni strategiche (es. la presenza su un mercato stabile e prevedibile) o per ragioni di convenienza economica (migliorare la flessibilità organizzativa con basso impegno finanziario).

 

L'analisi deve dettagliare e quantificare conto di tempi, risorse, costi e tecnica.

La stessa deve determinare i benefici attesi sia quantitativi, che qualitativi, in ogni caso ogni elemento dovrà essere misurabile e quindi disponibile per le fasi di controllo.

Definire il contratto di progetto.

La definizione del contratto di progetto è una fase accuratamente disciplinata dalla Politica della Qualità. In particolare, la sua elaborazione rientra in una serie di fasi di seguito riportate:

 

bullet

acquisizione delle specifiche del servizio

bullet

preparazione offerta

bullet

allegato tecnico all'offerta

bullet

riesame dell'offerta

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ricezione dell'ordine/contratto

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modifiche al contratto.

 

Pianificazione.

In questa fase si procede a programmare il lavoro che dovrà essere svolto nel rispetto dei vincoli temporali, economici e di risorse disponibili (tra cui quelle conoscitive assumono un particolare rilievo. Il principale attore della pianificazione é il responsabile di progetto, 

Relativamente alla normativa sulla Qualità, La pianificazione della progettazione è formalizzata nell’ “Allegato Tecnico” all’Offerta che deve contenere prescrizioni relative a Regolamenti, Norme e/o qualunque altro vincolo che possa condizionare la progettazione e/o sviluppo del servizio.

Qualora il responsabile di progetto ritenga opportuno dettagliare con maggior accuratezza i contenuti già definiti nell’Allegato Tecnico all’Offerta  procede a redigere il documento di Specifica del Servizio.

  Il feedback del progetto è previsto dal Sistema Qualità in termini di validazione della progettazione.

 Lo Schema logico di riferimento è riportato in fig. CM 5.

Nel definire il progetto, il Capo progetto dovrà formalizzare le richieste del cliente, approfondite nella fase di discussione dello studio di fattibilità e quindi, in dettaglio:

bulletEffettuare l’interpretazione tecnica delle esigenze espresse dal cliente;
bulletDefinire i passi attraverso la Work Breakdown Structure.
bulletStimare il tempo di realizzazione;
bulletStabilire le MILESTONE;
bulletGestire la documentazione  di progetto.

Il progetto è una sequenza di attività che devono esser svolte per analizzare, reingegnerizzare e implementare la nuova configurazione organizzativa. La sequenza va accuratamente pianificata, sebbene ciò che è stabilito all’inizio deve essere soggetto a revisione periodica, ad esempio sulla base di una check list di riferimento. In corso d’opera può essere necessario aggiungere o eliminare delle fasi.

In questa fase è opportuno utilizzare un pert o un gantt la cui immediatezza grafica favorisce la gestione delle sequenzialità e dei parallelismi delle attività riportate.

Le informazioni da programmare sulle attività sono:

bullet

assegnare gli attori che le realizzano (il “chi”);

bullet

definire le durata (la data di inizio e di fine);

bullet

definire le criticità, ovvero le attività che condizionano il successo del processo;

bullet

Stabilire se le attività sono basate su risorse o meno (ciò è importante ai fini del calcolo dei costi con i criteri dell’Activity Based Management);

bullet

Definire le relazioni tra le attività:
bullet

sequenziali con rapporto fine-inizio,

bullet

parallele, con un rapporto di tipo inizio-inizio;

bullet

relazionate con un legame fine-fine, nel senso che la fine dell’uno abilita la fine dell’altra;

bullet

relazionate con un legame inizio-fine, nel senso che l’inizio di un’attività abilita la conclusione di un’altra;

bullet

rinviate nel tempo senza incidere sulle altre scadenze, oppure  rigide, nel senso che i ritardi su di esse si trasferiscono per intero su tutto il progetto (attività critiche). 

Le risorse del progetto sono di natura strumentale (ciò che si impiega in corso d’opera, come PC, software e strutture fisiche) e sono le persone, nello specifico il team di progetto.

Definire le risorse umane e strumentali significa:

bullet

formalizzare il team di progetto:
bullet

le procedure sulla qualità prevedono che la responsabilità organizzativa e tecnica di un gruppo di lavoro è del responsabile di progetto che deve anche definire le modalità di scambio delle informazioni tra i vari gruppi di lavoro; le figure professionali coinvolte in progettazione sono almeno:
bullet

Responsabile Unità di Business;

bullet

Responsabile di Progetto;

bullet

Consulente Senior;ad essi si aggiungono altri skill ritenuti necessari nello specifico progetto (es. informatici, esperti di BPR ecc.);

bullet

definire il calendario delle risorse umane e la percentuale d'impegno:
bullet

p

bullet

stabilire le risorse strumentali:
bullet

Il team di progetto deve essere assistito da risorse fisiche: si dovrà stabilire in numero di PC e le strutture HW (collegamento in rete, server ecc.), il tipo di programmi che supporterà il gruppo (Win Project, Office, sistemi per il change management organizzativo) ;

bullet

associare le risorse alle attività:
bullet

una volta stabilite le singole attività e le risorse complessivamente impegnate nel progetto, bisognerà associare le une alle altre,secondo una logica di tipo ABM.

Questa è la fase in cui le informazioni dei momenti precedenti vengono sintetizzate in un unico documento, che illustri sia a livello macro che di dettaglio, tutti gli aspetti chiave di processo: tempi, costi, risorse, attività.

Il responsabile del progetto deve inoltre:

bullet

Programmare i momenti di riesame, verifica e validazione della progettazione e la periodicità dei rapporti di lavoro, ovvero dei documenti di sintesi in cui vengono riportati:
bullet

Sintesi dello stato attuale del progetto;

bullet

Situazioni di alta criticità e azioni correttive intraprese;

bullet

Risultati importanti conseguiti;

bullet

Settori problematici attuali e futuri;

bullet

Programmare i momenti di valutazione del personale impegnato sul progetto, secondo le modalità previste dal Piano Qualità;

bullet

Stabilire i momenti di controllo della Customer Satisfaction, tenendo conto dei vincoli previsti dal Piano Qualità;

Il tutto deve avvenire con un elevato livello di integrazione, ed elevata flessibilità. Ciò significa che il documento di pianificazione deve essere modificato e aggiornato rapidamente ed in maniera integrata rispetto a tutti gli elementi collegati (es. varia il team, varieranno i costi complessivi e i carichi di lavoro, in automatico). Queste caratteristiche sono fondamentali in caso di feedback sulla progettazione.

Nel corso del progetto è possibile che ciò che è stato pianificato debba essere rivisto, se non addirittura stravolto, a causa di variabili esterne prevedibili o di situazioni dove occorre cambiare la pianificazione prevista pena il non raggiungimento degli obiettivi.

In questi casi è opportuno prevedere i “Contingency Plan”, ovvero dei piani di emergenza che favoriscono la possibilità di cambiamenti di rotta tempestivi.

La rappresentazione Pert non ci aiuta in questo senso, perché prevede una successione di attività in sequenza o in parallelo, ma non prevede nodi di “IF”. Senza tali nodi, il brusco cambiamento di rotta confluirebbe in un nuovo piano, il che significa perdere la visione di insieme.

Ecco perché l’uso del solo Pert non basta a monitorare il progetto, ma occorrono strumenti più flessibili di in grado di integrare più varianti di progetto senza perderne la visione originale quali il Gert o la pianificazione per processi.

In fin dei conti non esiste differenza fra fasi di un progetto e di un processo per cui è possibile gestire ambedue con la stessa notazione grafica.

In corso d’opera, i dati  contenuti nel documento di pianificazione devono essere verificati.

Si procederà a inserire i dati effettivi in termini di tempi, risorse e costi e si confronteranno con i valori preventivati.

Queste informazioni saranno di input ad una gap analysis periodica che può fornire informazioni determinanti per ricalibrare il progetto in termini di panificazione, soprattutto se effettuata ad intervalli temporali dimensionati in modo tale da poter correggere la previsione senza compromettere l'obiettivo finale.

Riprogrammare il lavoro significa rivedere le modalità di progettazione sulla base dei feedback fissati al termine di ciascuna “Mile Stone”, ovvero al termine di ogni fase rilevante del progetto che richiede un’accurata verifica. La riprogrammazione è il frutto di un’attività di verifica di ciò che è stato fatto rispetto a ciò che è stato programmato, secondo il seguente iter logico:

bullet

rilevazione dati a consuntivo di periodo e analisi degli scostamenti in base alla periodicità programmata; in caso di scostamenti ritenuti rilevanti, si procede al secondo step;

bullet

eventuale riprogrammazione del lavoro con l’aggiornamento del piano in base al feedback del punto precedente come richiede il Sistema Qualità,(che prevede un apposito modello);

bullet

documentazione delle modifiche apportate, al fine di esplicare le motivazioni della riprogrammazione al Responsabile Unità di Business, con il quale ne valuta l’impatto sia in termini tecnici sia in termini economici;

bullet

coinvolgimento del cliente nella fase di ridefinizione del piano di lavoro, Nel caso in cui la modifica della progettazione abbia impatto su accordi contrattuali di notevole rilevanza;

bullet

verifica del piano riprogrammato,  per vedere se le novità introdotte sono coerenti con gli obiettivi. Formalmente si procede con il Riesame della Progettazione e l’aggiornamento dei documenti di progetto e del Piano Attività di Progetto se il servizio è già in fase di erogazione (come previsto dal Sistema Qualità).

È fondamentale prevedere questo momento di feedback, senza il quale si potrebbero trovare elementi incongruenti della pianificazione troppo tardi, con ritardi di gestione accumulati oltre il punto di non ritorno.

Costituire il team di progetto.

La responsabilità della costituzione del team è propria del Top Management della società, che deve aggregare e dimensionare opportunamente gli skill presenti nell'Organizzazione. La selezione avverrà sulla base delle informazioni contenute nelle skill inventory individuali, opportunamente sintetizzate nei curriculum dei dipendenti (vedi il modello della scheda informativa e della scheda di valutazione del Sistema Qualità)

 Il primo passo è quello di identificare il team leader, cioè colui che guiderà il progetto e ne assumerà principalmente la responsabilità. Il team leader sarà a capo di un gruppo che deve avere precise caratteristiche.

L’ideale sarebbe integrare nel team di progetto i responsabili dei processi e delle funzioni da riorganizzare. Data la difficoltà pratica di un simile requisito, il team leader o chi interfaccia l’Organizzazione deve comunque garantire il massimo coinvolgimento possibile del management, sia perché ciò è di stimolo al consenso sullo sviluppo del progetto, sia perché rappresenta una preziosa fonte di informazioni sulle caratteristiche rilevanti dei processi.

Il team che affronta un intervento di Change management non deve commettere l’errore di osservare il singolo processo nella sua efficienza interna, ma deve essere in grado di pianificare un “fondamentale ripensamento ed il radicale ridisegno dell’Organizzazione” mantenendo la sua visione sistemica, perché l’Organizzazione va vista come un organismo adattivo di tipo complesso. Concepire le organizzazioni come organismi consente di mettere in luce il loro essere calate in un ambiente che ne condiziona la vita in termini positivi e negativi. Le organizzazioni hanno quindi bisogni di tipo biologico: esse vivono crescono e deperiscono, esse sopravvivono o muoiono

La metafora dell’organismo consente di:

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Analizzare se le organizzazioni hanno una complessità adeguata al loro ambiente;

bullet

Capire se e quanto esse sono in grado di imparare e di imparare ad imparare;

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Di osservare i circuiti di feedback con cui esse regolano il loro comportamento in relazione agli stimoli che provengono dall’ambiente.

Se in un “organismo” come un'Organizzazione si modifica radicalmente una componente senza valutare le conseguenze nel complesso si rischia di perdere l’efficacia dell’intervento. Se ogni modifica è apportata in una visione sistemica dell’Organizzazione e non si perde di vista il rapporto tra le singole parti e tra le parti e il tutto si crea il presupposto per un intervento efficace.

Il consulente che sviluppa una forma mentis consapevole della gestione della complessità aziendale sarà responsabile delle conseguenze che le sue azioni possono provocare nella trasposizione dal mondo dei modelli a quello reale.

Questa è la mentalità che qualunque componente del team di progetto (dal team leader al “neoassunto”) deve sviluppare nel suo processo di apprendimento continuo. Dato questo presupposto, gli ulteriori requisiti che i gruppi di progetto devono maturare per promuovere verso il cliente i fondamenti del Change Management e radicare la cultura della Learning Organization sono:

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saper apprendere: l’importanza del concetto di Learning Organization è fondamentale; per maturarlo opportunamente chi si avvicina ai progetti deve saper mettere in discussione la propria esperienza e aprirsi al nuovo. Chi partecipa al team deve seguire un metodo e lavorare con sistematicità per consentire la sedimentazione e la circolazione del sapere oggettivato ed esternalizzato.

bullet

innovazione e creatività occorre assolutamente adoperarsi affinché tutti gli elementi del gruppo siano stimolati a lavorare con creatività e spirito di innovazione (non affidarsi eccessivamente a modelli consolidati). Sono molto utili l’adozione di tecniche di brainstorming con successiva valutazione e selezione delle idee emerse.

bullet

coscienza dell’interdipendenza tra i componenti: non bisogna operare in team con il preconcetto che questo livelli verso il basso il contributo e la produttività dei singoli. La consapevolezza del gruppo deve essere che lavorare insieme accresce il proprio know how. Il gruppo è un sistema il cui contributo è superiore alla somma dei contributi dei suoi singoli componenti.

bullet

stile di leadership del capo progetto: il gruppo di consulenza ha spiccate caratteristiche di creatività, per cui una forte direttività e una competenza riconosciuta del leader è indispensabile in fase di avviamento dei lavori. Successivamente si sviluppa una capacità di regia interna che esalta la collaboratività e l’integrazione caratteristica di un gruppo ad alto “affiatamento”.

Programmare la qualità.

Gestire un’Organizzazione secondo un Sistema Qualità non significa altro che gestire bene l’Organizzazione.

Avere un Sistema Qualità non significa avere qualcosa in più a cui pensare, non significa dover fare cose in più perché le chiede l’ente di certificazione. Significa solo gestire in modo migliore il proprio lavoro, perché abbia maggior valore. Nella maggior parte dei casi si tende a gestire la qualità come qualcosa di sovrapposto alla struttura dell’Organizzazione, con l’inevitabile conseguenza di produrre solo burocrazia e carta.

Tutte le normative di riferimento (non solo le ISO 9000 per i Sistemi Qualità, ma anche le 14000 per l’ambiente, il D626 sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, le HACCP per il settore agro-alimentare, ecc.) non devono essere un “di più” per l’Organizzazione: devono essere solo un metodo, rispettivamente per:

bullet

soddisfare il cliente;

bullet

rispettare l’ambiente;

bullet

avere luoghi di lavoro sicuri;

bullet

fornire prodotti sicuri ed integri.

Il Sistema Qualità deve essere una scelta strategica dell’Organizzazione e non, com’è oggi nella maggior parte dei casi, un semplice biglietto da visita.

L'approccio giusto alla qualità può essere riassunto nelle seguenti tre regole:

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è importante evitare una gestione burocratica e superficiale, che non dà nessun profitto all’Organizzazione. La qualità non è un obbligo di cui ricordarsi ogni tanto per recuperare i ritardi;

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mai approcciare alle norme chiedendosi cosa vuole esattamente l’ente di certificazione o cosa è obbligatorio per la normativa. L’approccio corretto è chiedersi cosa bisogna fare per avere il massimo risultato, per guadagnare di più, per avere più successo degli altr;

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la qualità non è un qualcosa in più che ruba tempo alle attività tipiche ma è solo un modo di lavorare diverso e più orientato all’efficienza.

Il Sistema Qualità di un’impresa è dato dall’insieme di procedure necessarie ad attuare la gestione per la qualità. L’adozione di un Sistema Qualità educa l’organizzazione ad applicare sempre le stesse modalità operative, ad effettuare con continuità sempre gli stessi tipi di controlli. I requisiti di un Sistema Qualità sono sanciti dalle norme ISO 9000, applicabili a tutti settori di attività. In generale, nessuna impresa è obbligata per legge a dotarsi di un Sistema Qualità aziendale, fatta eccezione per alcuni casi di Direttive UE che richiamano le ISO 9000.

L’adozione di un sistema Qualità è un’azione meramente volontaria che dipende prevalentemente da ragioni di tipo economico e commerciale. Essa costituisce lo strumento principale per monitorare la capacità di un’organizzazione (impresa o ente pubblico) di mantenere costante il livello qualitativo di tutti i prodotti realizzati o dei servizi erogati.

I principali benefici derivanti dall’applicazione della normativa possono essere così riassunti:

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benefici interni:
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occasione per eseguire un check-up organizzativo;

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definizione delle responsabilità (chi fa che cosa);

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possibilità di rivedere, migliorare ed aggiornare le procedure ed i processi;

bullet

coinvolgimento di tutti i livelli: tutti devono essere informati ed aggiornati sulla politica della Qualità (primo passo verso la Qualità);

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ampia visibilità dei processi da parte di un professionista esterno (auditor, consulente) in grado di suggerire miglioramenti;

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crescita professionale di tutti grazie ai piani di formazione e training che le società devono istituire.  

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benefici esterni:
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miglioramento dell’immagine esterna dell’organizzazione;

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riduzione dei costi sia di controllo sia per "non conformità" alle specifiche richieste;

bullet

è il primo passo per entrare in mercati in cui la conformità allo standard è richiesta.

Nella gestione dei progetti è necessario attenersi a delle procedure operative che guidano il piano di azione del team. Tali adempimenti devono avvenire parallelamente alla progressione delle fasi di progetto, non devono essere accumulati alla fine. Per questo motivo si darà una descrizione delle norme relativamente a ciascuna fase.

Tutti i documenti atti a dimostrare l'efficacia del Sistema Qualità devono essere:

bullet

identificati;

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registrati;

bullet

archiviati;

bullet

conservati;

bullet

aggiornati;

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distribuiti.

  La documentazione va resa facilmente disponibile per poter fornire, in qualsiasi momento, l’evidenza della qualità del servizio prestato.

Analisi dell'ambiente.

Il punto di partenza di un progetto mirato a creare una dinamica proattiva tra Organizzazione e mercato è l’analisi dell’ambiente. Esaminare come l’Organizzazione opera nel suo ambiente e le influenze reciproche consente di evitare il rischio di “osare” troppo poco o di accontentarsi di perseguire il minimo cambiamento perché permette di individuare delle variabili di relazione che possono indirizzare verso un riesame profondo del funzionamento dell'organizzazione.

L’analisi si deve svolgere su due livelli:

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L’ambiente interno all’Organizzazione, che impone un’oculata analisi per identificare le leve di miglioramento più idonee alla particolare realtà in cui ci si muove;

bullet

L’ambiente esterno: È fondamentale conoscere come l’Organizzazione comunica all’esterno ed il tipo di flussi che si generano con gli altri attori del suo scenario, perché dalla conoscenza degli aspetti relazionali si arriva a creare e modellizzare il network in cui l’Organizzazione è inserita rispetto alla propria catena del valore.

Il team dovrà ricostruire il “network” che l’Organizzazione ha disegnato con i soggetti con cui interagisce per creare valore, quali: Fornitori, Società di outsourcing, Clienti, Stakeholders.

 

Possibili fonti informative si possono ottenere attraverso:

bullet

le interviste ai responsabili dei processi core, ai responsabili marketing e approvvigionamenti, in generale a tutti coloro che svolgono attività rilevanti nei processi che comunicano con l’ambiente; 

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il contatto con il top management per conoscere gli attori che non agiscono direttamente sui processi aziendali, ma che detengono una forma di influenza sulla gestione (in primis gli stakeholders).

 

I risultati dell’analisi dell’ambiente esterno costituiscono l’input fondamentale per disegnare la Cooperative e la Goal Map, che rappresenta il punto di accesso per conoscere e controllare l’intero sistema organizzativo aziendale.

 

Rilevazione della Cooperative Map.

 

L’accurata definizione di tutti collegamenti con l’ambiente deve essere  modellizzata nella Cooperative Map, il cui contributo alla ristrutturazione dei processi può essere determinante.

La Cooperative Map configura la mappa delle relazioni dell’Organizzazione, ovvero il sistema di soggetti che contribuiscono alla dinamica di raggiungimento degli obiettivi, ovvero Società collegate finanziariamente, Fornitori e Clienti (Gruppi o anche modelli olonico-virtuali).

L’intersezione tra Cooperative Map e Goal Map e quella con le strutture fornisce la visione completa dell’Organizzazione in termini di segmenti di Cosa questa vuol perseguire intermini d'obiettivi, con chi ed in quale modo.

 

Inizialmente il tracciato della Cooperative Map rispecchierà con esattezza la mappa delle relazioni attivate dall’Organizzazione in quel momento. Ma l’analisi dell’ambiente può permettere l’identificazione di nuove relazioni o di revisionare quelle già esistenti. Queste informazioni saranno impiegate al momento della definizione della nuova Cooperative Map, ridisegnata come base per la ristrutturazione organizzativa.

 

Rilevazione della Goal Map.

Il disegno della Goal Map è uno dei momenti critici del processo di "as is" e del "to be" organizzativa. 

La logica è capire come si posiziona l’Organizzazione rispetto al mercato, quali bisogni vuole soddisfare e quale strategie implementare.

Lo scopo del team di progetto non è quello di focalizzarsi sui processi per trovare le strade per il loro miglioramento (BPI) o per la loro rifondazione completa (BPR), perché ciò non significa operare in termini di Change Management Organizzativo.

Chi opera secondo tale metodologia arriva ai processi solo dopo aver percepito  l’essenza stessa dell’Organizzazione, visibile con una visione d'insieme per tramite della Cooperative map, della Goal Map e delle strutture organizzative. Integrare queste visioni e dare valore aggiunto con la progettazione organizzativa significa mettere in discussione il perché dell’esistenza dell’Organizzazione, il suo posizionamento strategico, la sua catena del valore, il suo sistema di interfacce con il mercato.

La ridefinizione dei processi è la naturale conseguenza di questo meccanismo. 

Reingegnerizzare i processi significa creare le basi per poter far funzionare il nuovo sistema organizzativo, assicurando il perseguimento di obiettivi di gap competitivo nell'ambiente ove opera l'Organizzazione.

Il team di processo, con opportune metodologie, dovrà impegnarsi a chiarire la visione strategica dell’Organizzazione come è, per capire successivamente come dovrà essere per fare del cambiamento un principio strutturale di vita.

La Goal Map è uno schema di rappresentazione di sintesi. Gli elementi che fanno parte della stessa sono:

bullet

Le Goal Aree,

bullet

Gli obiettivi,

bullet

I processi di frontiera.

Le Goal Aree rappresentano insiemi omogenei di obiettivi.

Non è detto che questi siano di business, tale logica infatti va bene solo per le Organizzazioni profit come le Imprese mentre non è corretto estenderla a quelle no profit come le Pubbliche Amministrazioni o gli Enti.

Ogni Goal Area contiene più obiettivi e questi sono in relazione con i processi di frontiera.

Questi ultimi sono quelli che molti definiscono processi macro o processi di business. Il nome "processi di frontiera" deriva dal fatto che questi sono direttamente collegabili agli obiettivi finali.

A questi si agganciano tutti gli altri sottoprocessi secondo una logica ad oggetti creando le filiere che soddisfano il conseguimento dei singoli obiettivi.

Ogni processo di frontiera deve essere attivato da un evento e questo identifica anche la frequenza di attivazione dello stesso.

L’obiettivo è il soddisfacimento del bisogno associato all’evento, che spiega e giustifica il ricorso all’Organizzazione. Il processo è l’elemento organizzativo attivato per ottenere l’output che soddisfa la richiesta esterna.

Un altro dato fondamentale riguarda i volumi richiesti dall'evento che consentono di prevedere i carichi di lavoro o i costi da sostenere per soddisfare l'evento stesso. Non è ammessa l'esistenza di un processo di frontiera se non è stato identificato l'evento che lo scatena. Se ciò non fosse potrebbe voler dire che, in particolare, quel processo esiste solo per esigenze endogene, non è ribaltabile sull'esterno, e quindi costituisce un costo non coperto dal soddisfacimento di alcun obiettivo. Questo è sicuramente una fonte d'inefficienza per il sistema.

Rilevazione delle strutture.

In questa fase è necessario capire come i processi si muovono all’interno del sistema organizzativo aziendale, in particolare sarà opportuno conoscere:

bullet

il tipo di struttura organizzativa adottata dall’Organizzazione (funzionale, divisionale, a matrice o per progetti);

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il grado di frammentazione delle business function, per valutare le possibilità di accorparle o meno (lean organization);

bullet

i ruoli che sono coinvolti in ciascun processo e la loro allocazione nelle funzioni/divisioni;

bullet

il grado di comunicazione tra gli attori di processo individuati (si cerca di ricostruire una sorta di work flow per identificare le criticità nel flusso informativo);

bullet

lo stile di leadership adottato dal top management e dai manager delle strutture intermedie;

bullet

il grado di autonomia decisionale dei soggetti coinvolti nel processo;

bullet

il sistema premiante;

bullet

il sistema di controllo di gestione.

Viene quindi definito l'organigramma. Possono essere utilizzate varie notazioni grafiche per disegnare le strutture. Le più note sono quelle riportate in fig. CM 8 e CM 9.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella rilevazione dei ruoli è si possono impiegare strumenti come la Matrice delle responsabilità, che verrà riconfigurata rispetto al nuovo modello organizzativo. Avremo quindi due matrici (relativa allo stato attuale e riprogettata) che potranno essere confrontate tra di loro per misurare la portata dell’intervento in termini organizzativi.

La matrice di responsabilità associa le cose da fare a chi le deve eseguire. In questa è utile segnare il tipo di responsabilità a cui è delegata una persona o una unità organizzativa. I tipi di responsabilità devono essere preventivamente definiti.

Possono essere utilizzate sigle con i seguenti significati:

C

Il coordinamento dei compiti compresi in una attività e delle risorse che li eseguono;

D

La partecipazione al processo decisionale, singola o di gruppo;

I

La conoscenza di una certa situazione o dell’esistenza di un problema, espressa dal fatto di venire informati da chi coordina l’attività;

E

L’esecuzione materiale del compito previsto;

Co

L’esprimere, in quanto esperto, un giudizio o un parere, ossia essere consultati

 Di seguito è riportato un esempio di struttura di una matrice:

Ruoli

 

Attività          

Process

Owner

Posizione 1

Posizione 2

Posizione “N”

A1

D

E

I

E

A2

D

C

E

E

A3

I

Co

 

 

A4

D

C

Co

 

A5

D

Co

C

E

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                                       

Analisi dei processi.

 

 

 In fig, CM 10 sono riportate le sottofasi relative alla fase dell'analisi dei processi.

 

Identificare i macromodelli.

L’analisi dei processi è solo un aspetto della rilevazione organizzativa, perché il Change Management è un intervento che investe integralmente l’Organizzazione in ogni sua componente strutturale. L’esperienza insegna che soffermarsi troppo in questa fase può essere rischioso. 

La fase di rilevazione e analisi dei processi non deve andare troppo in profondità, ma deve spingersi solo fino al punto in cui si individuano le criticità e le inefficienze. 

 

Nella teoria dei sistemi si parla del trucco della scatola nera, questo consiste nello scomporre la complessità in componenti secondo una struttura gerarchica ad albero che contiene scatole nere. Ogni scatola a sua volta contiene altre scatole e così via. In questo modo si riesce a spezzare il problema in parti ed a ridurre il livello di difficoltà della rilevazione e della riprogettazione.

 

 Spingere oltre questa fase dell’analisi può essere pericoloso per due ordini di motivi:

 

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l'antieconomicità dell'analisi:

 

Il cliente che chiede di modificare radicalmente il proprio assetto organizzativo è poco interessato a conoscere qual è la descrizione dettagliata dei meccanismi di funzionamento dei processi attuali, infatti, il valore aggiunto che il team di progetto fornisce si concretizza nel momento in cui viene proposta, in tempi brevi, la soluzione più efficace ed efficiente per l’Organizzazione.

 

Questa fase serve soltanto a chi effettua l'intervento per conoscere lo stato attuale dell’impresa, per cui poco incide sulla configurazione futura. La sua antieconomicità è tanto maggiore quanto minore è il margine di ricavo previsto per il progetto. In questo caso è valido il principio per cui la profondità dell’intervento è direttamente proporzionale al suo valore. 

 

È quindi anche valido l’assunto per cui la fase di conoscenza dei processi deve essere effettuata solo per individuare i punti di forza e di debolezza e le criticità che impongono un drastico intervento di ristrutturazione.

 

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le influenze sul progetto:

 

Il secondo motivo della pericolosità di questa fase consiste nell’influenza negativa che la conoscenza nel dettaglio delle procedure attuali può esercitare nei confronti dei cambiamenti organizzativi da approntare.

 

Per definizione, un intervento di CMO rompe i ponti con il passato e innesca una sequenza di attività di processo completamente innovativa rispetto alla precedente. 

 

Inoltrarsi troppo nei dettagli delle procedure in vigore può distogliere l’attenzione dalle soluzioni più efficaci ed efficienti perché può ingenerare una forma di “conservazione” di ciò che è l’Organizzazione nel presente, forma già presente in tutto il personale dipendente ed anche nel managementi (inerzia al cambiamento).

 

L’ideale in questa fase, ribadiamo, è studiare nel più breve tempo possibile i processi attuali in una visione macro per individuare le criticità e gli eventuali punti di forza da recuperare, eventualmente, nella nuova configurazione di processo. 

 

Ciò non esime dal comprendere fino in fondo le logiche  dei processi in essere.

Possiamo stabilire due criteri nell'identificazione dei macromodelli:

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focus sui processi core:

prevede di limitare l’analisi ai processi "core", ovvero quei processi critici per l’Organizzazione, non solo per la loro rilevanza quantitativa e per la loro complessità, ma soprattutto per la loro diretta relazione con la vision, la strategia aziendale e per l’impatto sui risultati.

 

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analisi macro

prevede la definizione di un macromodello che individui le macroattività e  fornisca una visione generale del processo rispetto ai seguenti aspetti:

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individuare i confini del processo;

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conoscere gli obiettivi del processo;

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identificare il process flow;

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stimare le risorse impiegate.

Individuare i confini di processo.

Si procede con la determinazione del punto di avvio del processo (start node) e il punto di chiusura del processo (end node). Il processo è attivabile da un evento che può essere:

 

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la richiesta di un attore (esterno al processo);

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un evento occasionale (es. sincronizzazione con un altro processo);

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un evento periodico (timer).

 

La conclusione del processo (end node) si verifica con la produzione dell’output finale che acquisito come input da altri processi o come prodotto dal cliente finale.

Gli attori coinvolti generalmente si riconducono a 2 ruoli:

 

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cliente, che riceve dai fornitori (può essere interno o esterno);

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fornitore, che fornisce i risultati del processo al cliente (può essere interno o esterno).

 

L'input e l'output possono essere:

 

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fisici (es, materie prime, componenti, documenti ecc);

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immateriali (tipicamente le informazioni).

 

Spesso capita di non rilevare l'intero processo poiché l'obiettivo assegnato è quello di riprogettare un'Area dell'Organizzazione.

In questo caso l'approccio del Change Management Organizzativo è sempre applicabile ma è fondamentale definire il dominio d'intervento e non seguire l'evolversi del processo oltre tale confine, altrimenti si corre il rischio di perdere tempo e di andare fuori obiettivo.

Le tecniche principali da applicare alla fase di identificazione dei macromodelli sono:

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il brainstorming,

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le interviste.

 Conoscere gli obiettivi del processo.

Conoscere il perché un processo è stato concepito permette di analizzarne meglio le dinamiche e di individuarne parametri di misurazione delle performance più coerenti. 

 

Conoscerne gli obiettivi consente di capire meglio anche le relazioni con gli altri processi, che in una logica specifica di Change Management Organizzativo può condurre a una confluenza di più processi in un unico processo o la loro riduzione (qualora l’obiettivo sia ridondante o poco rilevante in termini di valore).

La chiara visione dei motivi che hanno portato all’implementazione del processo permette di individuare eventuali appesantimenti operativi, introdotti per motivi che esulano da esigenze di miglioramento delle performance e del flusso di lavoro complessivo (es. posizioni organizzative cuscinetto istituite per attenuare conflitti personali tra altre posizioni).

Il processo può essere spogliato di tutto ciò che non è coerente con i suoi obiettivi e semplificato in una logica di streamling (snellimento dei processi).

 

Identificare il process flow.

 

La rappresentazione grafica del processo evidenzia il punto di avvio (start node), il punto di chiusura del processo (end node) e il flusso delle attività (activity flow), delle informazioni (information flow), delle risorse e dei documenti. L’utilizzo di WINKARE come strumento di analisi  permette di esplorare il processo dal macromodello a  livelli di dettaglio inferiori, attraverso viste successive.

 

A seguire è riportato un esempio di rappresentazione di macro-processi (fig. CM 12)  ed uno di processi di dettaglio (fig. CM 13).

 

 

 

 

I processi sono per loro natutra trasversali rispetto alle strutture, e quindi, dall’analisi, emergerà sicuramente che la maggior parte di questi non siano allocati in un’unica struttura organizzativa, ma attraversino  più funzioni o dipartimenti o addirittura, in Organizzazioni di Gruppo o olonico-virtuali, più attori di contesto (Aziende, Enti, ecc.).  A seguire è riportato un grafo di rappresentazione di tale frequente situazione.

 

 

La fase rilevazione delle attività ha come obiettivo esclusivamente la rappresentazione e descrizione del processo.

In tale fase la parte più critica è la definizione delle regole di scomposizione del processo (dal macromodello a livelli di maggior dettaglio). La regola fondamentale da seguire è il cosiddetto “bilanciamento dei flussi”:

 

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I flussi in Input e Output a livello superiore devono sempre essere coerenti con quelli a livello inferiore;

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I flussi aggiunti o modificati a livello inferiore devono sempre essere coerenti a livello superiore;

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L’insieme dei processi ottenuti come scomposizione di un processo, svolge le stesse trasformazioni sui dati previste per il processo di maggior livello.

 

 

Stimare le risorse impiegate.

 

Si tratta di conoscere il “chi fa che cosa” e con quali strumenti: i dati ottenuti rappresentano la base per la fase di riprogettazione del ridimensionamento degli organici e della definizione del grado di innovazione tecnologica da introdurre nelle modalità di lavoro (Workflow Management System).

Ora si può procedere, con l’opportuno grado di profondità, ad analizzare il processo per evidenziare problemi o colli di bottiglia.

Sebbene i processi, così come li trova il DNA Engineer sono spesso pieni di procedure, istruzioni e regole, il focus dell’analisi deve essere solo su qual è la performance effettiva.

Particolare attenzione deve essere dedicata a:

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Cliente;

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Ampiezza del problema (chiedersi “quanto non è efficace-efficiente?”).

 

 

Su ogni fase del processo andrebbero poi associati degli indicatori particolari di performance che possono essere ottenuti per scomposizione dagli obiettivi principali del progetto di Change ManagementOrganizzativo.

 

Conoscere le relazioni Cliente/Fornitore.

Un errore molto diffuso è quello di pretendere di capire il processo scendendo nei suoi minimi dettagli. Molti consulenti sono propensi all’analisi perché ci sono abituati, sanno come si fa e si sentono bene perché si crea l’illusione di fare progressi. Questo atteggiamento mentale non deve essere condiviso da un DNA engineer.

La comprensione dei processi richiede meno tempo e meno informazioni di quanto si pensi, restando però un momento molto complesso.

È fondamentale, per capire il processo, conoscere qual è il gap tra prestazione offerta e prestazione attesa dal cliente. Lo sbocco del processo verso il cliente è quindi determinante per la sua comprensione poiché lo scopo ultimo della riprogettazione è migliorare la Customer Satisfaction.

Se i processi aziendali sono customer driven (il cliente al centro di tutto) come impongono i principi ispiratori del Total Quality, del Change Management Organizzativo e dei sistemi per la gestione della qualità Vision 2000, è possibile garantire la perfetta sovrapposizione tra aspettative e output effettivo, a tutti i livelli di interfaccia fornitore /cliente interni. Ciò consente di trasferire tale sovrapposizione anche al cliente finale.

Se esiste un disallineamento, a qualsiasi livello, della catena cliente/fornitore interno, sicuramente questo si propagherà, anche amplificato, fino al cliente finale, con bassi livelli di customer satisfaction. Il compito di chi progetta è capire le cause del disallineamento e rimuoverle.

Conoscere con precisione il rapporto tra i due piani rappresentati in figura CM 14 è fondamentale per analizzare le criticità del processo.

Il metodo migliore per capire gli sbocchi verso i clienti è entrare in diretto contatto con loro mentre lavorano, per capire meglio, di quanto ci possano spiegare in un’intervista, quello di cui hanno bisogno nell'ambito del processo esaminato.

Questa forma di coinvolgimento del team deve favorire un brainstorming di idee sui modi in cui il processo può servire al cliente e permettere di trovare i giusti spunti partendo da chi nella pratica ha bisogno che il processo funzioni perfettamente.

Scelta dei processi.

Una volta che i processi sono stati identificati e mappati secondo il grado ritenuto opportuno, si dovrà procedere alla non facile scelta del processo da reingegnerizzare.

 

Possiamo individuare tre criteri principali su cui muoverci:

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processi non efficienti;

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processi rilevanti;

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fattibilità dell'intervento.

Processi non efficienti.

Un aiuto ci viene dall’approccio alla rilevazione. Abbiamo già ripetuto come la profondità dell’analisi si attesti a quel livello che ci consente di individuare anomalie e criticità. Ciò significa che un primo criterio di scelta cadrà sui processi che non funzionano.

In questi casi è bene tenere presente che spesso i problemi di malfunzionamento emergono perché i processi nascono come semplici, ma diventano complessi con il passare del tempo, perché ogni volta che si manifesta un’esigenza particolare, qualcuno li modifica aggiungendo un caso speciale o una regola per gestire l’eccezione. 

Ben presto da semplice, il processo diventa pieno di eccezioni e casi particolari: a questo punto si può cercare di combattere le complicazioni, ma spesso senza successo.

Nel riprogettare da zero, si ripristina innanzi tutto il processo semplice originale, poi si creano altri processi per gestire le altre situazioni. 

 

Si viene a creare una situazione per cui da un singolo processo si arriva a più processi, il ché parrebbe creare più complessità di quella che già c’era. 

 

In realtà si tratta di una semplificazione, perché a fronte di una maggiore numerosità dei processi si assiste a una riduzione della complessità interna degli stessi, che come vedremo nelle righe successive, è un importante obiettivo operativo del Change Management Organizzativo (tecnica della scatola nera).

 

Processi Rilevanti.

 

L’analisi dei processi interni deve essere focalizzata sull’identificazione dei processi chiave, cioè dei processi che contribuiscono più degli altri alla creazione del valore aziendale.

 L’esperienza del Total Quality Management ha insegnato che in azienda sono pochi i processi che influenzano in maniera determinante i risultati operativi: su questi processi vanno concentrati i principali sforzi per influenzare la percezione che i clienti hanno dell’azienda, ed è qui che vengono sviluppati i fattori critici di successo.

L’individuazione dei processi chiave è  il risultato  della definizione di  un ordine di priorità dei processi aziendali, rispetto agli obiettivi  fissati dal vertice. Per realizzare questo momento è necessario scomporre tutto il percorso che porta all’erogazione del prodotto/servizio al cliente in una rappresentazione sintetica dei flussi logici dell’organizzazione, attraverso le varie funzioni aziendali.

Procedere secondo una progressione graduale è l'approccio corretto e deve portare  alla certezza  sull’effettiva importanza dei singoli processi, selezionati rispetto agli obiettivi. La priorità dei processi può essere assegnata solo se si ha una visione completa degli obiettivi e delle strategie dell'Organizzazione.

Fattibilità dell'Intervento.

In termini di fattibilità è ragionevole pensare che un intervento di Change Management sia tanto più efficace quanto minore è la portata del processo (in termini di dimensioni e quindi di unità organizzative coinvolte). 

Quindi la fattibilità di un processo è correlata negativamente agli aspetti dimensionali e di complessità organizzativa.

 

È chiaro che un intervento su processi complessi aumenta la sua efficacia quando aumenta l’impegno del commitment nel supportare il team.

Il metodo migliore per scegliere tra i tre criteri non è formalizzabile, ma dipende da situazioni contingenti e va misurato con il buon senso ed equilibrio.

 Una volta che il processo è stato individuato e sono stati studiati i Clienti del suo output è opportuno capire cosa fa il processo. 

Ma qui occorre prudenza: in questa fase il progettista dovrà concentrarsi solo sul cosa e il perché del processo, non il come. Solo così  sarà in grado di ripartire da un foglio bianco e non sarà condizionato dalle procedure attuali. 

Il tutto, lo ripetiamo di nuovo, deve avvenire in tempi molto rapidi, per poi passare alla fase di riprogettazione vera e propria.

Definire le architetture ICT.

Uno dei principali criteri guida della metodologia di intervento è quello di innovare introducendo tecnologie informatiche che semplifichino strutture e workflow. 

Per procedere correttamente in questa direzione è opportuno che si costruisca un quadro di riferimento delle tecnologie disponibili in azienda, al fine di individuare elementi da mantenere nella futura configurazione oppure per stabilire la portata dell’intervento per introdurne di nuove, anche in termini economici.

La configurazione IT futura deve essere riprogettata guardando solo alle effettive esigenze di automazione del nuovo assetto organizzativo, per cui non deve subire condizionamenti dalla fase di rilevazione, che ripetiamo,ci fornisce solo un riferimento tecnico-economico.

E' consigliabile produrre sempre almeno degli schemi di contesto che facciano comprendere quanto il sistema informatico è in grado di coprire il sistema informativo necessario a supportare il modello organizzativo. Sarebbe anche opportuno definire almeno dei dfd di massima.

Nel reingegnerizzare i progetti si dovrà anche tener conto di internet, della posta elettronica, della digitalizzazione dei documenti e della firma elettronica.

Negli ultimi anni la legislazione e le norme si sono adeguate alle nuove tecnologie e quindi non è possibile organizzare senza tener conto degli strumenti esistenti. Le nuove tecnologie consentono infatti di agevolare la ricerca delle inrormazioni, d'automatizzare o assistere i processi, agevolano le comunicazioni, eliminano drasticamente l'uso di qualsiasi supporto cartaceo e magnetico.

Punti di Forza e di debolezza.

I punti di forza e di debolezza rappresentano la sintesi di tutte le criticità rilevate dal team, sia quelle da eliminare, sia quelle che costituiscono un vantaggio competitivo per l’azienda e quindi vanno rafforzate.

Le criticità riguardano l’intero sistema (organizzativo, informativo, informatico). Queste nascono dall’intersezione e  integrazione dell’analisi delle relazioni tra l’azienda e gli altri attori di business (Cooperative Map) dal posizionamento strategico dell’azienda sul mercato (Goal Map), dalle modalità di gestione organizzativa del business (strutture) e dall’analisi dei processi “core” (che rendono operative le strategie di business).

Dei processi sappiamo qual è la loro ragion d’essere (chi fa cosa e perché), cosa il cliente si aspetta dall’output e se è soddisfatto o meno, qual è la macrostruttura del processo e le tecnologie implementate a supporto delle attività. 

 

Si sono creati i presupposti per capire come il team dovrà muoversi quando interverrà su qiuello che potrebbe essere definito “Corporate Genome".

Il team deve elaborare un documento di sintesi di tutti questi aspetti, che confluiranno nel momento di feedback della fase di rilevazione (che è la prima “Milestone”), dove verranno presentate le linee guida e le modalità operative che l’azienda dovrà approvare per aprire la fase di reingegnerizzazione e se volesse per cominciare ad avviare, in parallelo alla fase di reengineering delle attività compatibili con il nuovo modello che va delineandosi.

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Validazione del modello di riferimento.

   

Al termine della fase di rilevazione è necessario individuare le soluzioni alle criticità rilevate.

 

Questo non può prescindere da un momento di feedback da parte del cliente, cui dovranno essere sottoposte le soluzioni per la validazione, che rappresenta il punto di partenza della riprogettazione.

 

È impensabile avviare la fase di riprogettazione senza che il Management abbia espresso formalmente il proprio parere positivo sulle soluzioni proposte.

La validazione del modello passa attraverso due fasi successive:

 

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la compilazione delle linee guida;

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la compilazione delle modalità d'attuazione.

 

 

La compilazione delle linee guida.

 

Le linee guida sono un documento di sintesi del lavoro di rilevazione, analisi delle criticità e identificazione delle possibili soluzioni. rappresenta la conclusione della prima parte del progetto ed è lo schema di riferimento per il team verso nella complessa fase di riprogettazione.

Indicativamente possiamo  gli elementi costitutivi del documento sono:

 

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La premessa: spiega sinteticamente l’ambito di intervento del Change Mangement;

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la situazione attuale: definisce, in termini macro, le modalità operative attuali, evidenziando anche gli effetti delle stesse;

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le criticità dell’attuale situazione: confluiscono i risultati dei punti di forza e di debolezza del sistema aziendale, rilevati nella fase precedente;

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la formulazione dell’obiettivo: noti i limiti e i vantaggi dell’attuale “Dna”, si definisce sinteticamente la nuova struttura, senza trascurate i punti cruciali: la gestione degli attori esterni, gli obiettivi strategici di business, la struttura organizzativa e i processi;

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i modelli operativi possibili: le soluzioni efficienti possono essere molteplici. In questo caso è bene sintetizzare le alternative ritenute plausibili e sottoporle al parere del cliente;

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la scelta del modello operativo: tra le varie alternative il team dovrà già avere in mente la soluzione a suo vedere più plausibile, questa dovrà contenere anche le tecnologie da adottare;

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la soluzione a tendere: definisce le direttive momentanee per affrontare il periodo di transizione tra vecchio e nuovo modello;

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le considerazioni finali;

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lo schema di sintesi con raffronto delle situazioni attuali e a tendere: il documento dovrebbe prevedere un grafico di tipo Flow Chart dove vengono sintetizzati i flussi  e le procedure (in termini macro) dei processi così come sono oggi e come saranno.

 

La compilazione delle modalità d'attuazione.

 

Una volta che le linee guida sono state validate, il team deve provvedere a compilare un documento che, coerentemente con le stesse, provveda a: 

 

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definire gli interventi ed i contributi attesi da parte delle funzioni interessate:

le linee guida vengono presentate alla funzioni che possono fornire preziose osservazioni su integrazioni o modifiche al lavoro;  è un fondamentale momento di condivisione con chi opererà nella nuova configurazione perché stimola la partecipazione al cambiamento e il consenso intorno al progetto ;

 

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evidenziare le criticità progettuali:

intendiamo quelle criticità che possono incidere sui tempi programmati del progetto, di solito associate a dei momenti di stallo decisionale circa particolari attività pianificate;

 

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definire gli orientamenti progettuali:

dopo la fase di rilevazione, si aggiusta il tiro e si prevede la possibilità di aggiungere o modificare le attività non previste dalla pianificazione in base alle criticità del punto precedente;

 

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pianificare le attività:

è la sequenza prevista dalla pianificazione del progetto, che viene validata definitivamente;

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sviluppare la mtrice di sintesi fra funzioni coinvolte ed attività pianificate:

le attività di progetto prevedono l’intervento progressivo nei diversi ambiti aziendali. È opportuno conoscere, per ogni fase, quali funzioni saranno coinvolte per non avere incertezze di referenze nella realizzazione dell’intervento;

La logica è quella di creare un quadro completo di come le cose funzioneranno nel nuovo ambiente organizzativo, la cui utilità è anche pratica: conoscere questi aspetti facilita la creazione di un prospetto dei costi, di una strategia di implementazione e di un ambiente per testare i processi.

 

 

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